sabato 11 ottobre 2014

"La lingua italiana"


La vita a Roma, la vacanza in Italia

Dal libro di Etsuko Ohara: " ローマの平日 イタリアの休日"

- livello avanzato -

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Non conoscevo neanche una parola d’italiano ma, a causa dell’improvviso trasferimento di mio marito, anch'egli giornalista, dovevo andare a vivere a Roma. Prima di partire avrei voluto imparare almeno i convenevoli più semplici però, anche se mi sforzavo abbastanza, non riuscivo a fissare quasi nulla in mente, neanche i numeri oltre il cinque e così, il giorno in cui arrivai in Italia, mi sentivo piuttosto insicura.

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Basilica di San Pietro
by AngMoKio
Licensed under CC BY-SA 2.5 via Wikimedia Commons
In un bar acquistai una bottiglia di latte ed un panino ma, quando mi avvicinai per pagare, il cassiere mi domandò qualcosa che non capii. Data la situazione, supposi che mi avesse chiesto se volevo un sacchetto per metterci quel che avevo comprato. Per questo annuii col capo senza immaginare che, da sotto la cassa, sarebbero apparse un paio di bustine di zucchero. Tra gli italiani, solitamente amanti dei dolci, c’è infatti parecchia gente che usa mettere dolcificanti anche nel latte. Avevo imparato il significato della parola “zucchero” ma non ero riuscita, comunque, a chiedere un sacchetto e, tornando a casa con il latte e il panino tra le braccia decisi: “Così non va bene. Devo assolutamente imparare l’italiano!”.
La settimana seguente, quindi, cominciai a frequentare una scuola di lingua italiana per stranieri che si trovava al centro di Roma, ma...
Le prime parole della nostra insegnante furono: “Chiudete i vocabolari. Non prendete appunti.” In quella scuola ci si esercitava soprattutto ad ascoltare e a parlare. Era un’impostazione completamente diversa da quella adottata in Giappone, dove, invece, si attribuisce maggiore importanza alla lettura e alla scrittura. Noi studenti ascoltavamo più volte un nastro con una conversazione rapida tra italiani e l’insegnante ci diceva: “Mettetevi in coppia e conversate ripetendo quello che, per il momento, avete afferrato”. C’erano anche lezioni durante le quali si ripetevano soltanto le frasi che l’insegnante pronunciava.

Ciononostante io rimanevo ferma alla parola “zucchero”. Mi sentivo come se fossi stata gettata all’improvviso in un mare chiamato Lingua Italiana e riuscivo solo ad annaspare disperatamente nel tentativo di non affogare. Questa situazione si protrasse per diverse settimane.

Roma dall'aereo
Roma dall'aereo
by Oliver-Bonjoch
CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons
“Non dimenticate che la lingua italiana va parlata come se si cantasse”: così ci diceva la nostra insegnante e canterellava per darcene una prova, “tataratata, titiritité”. Era davvero come seguire sul pentagramma! “Ho capito perché il gesticolare degli italiani è tanto esagerato! Dirigono le proprie canzoni!”, pensai dentro di me. “Senti, sapevi che Luigi ed Anna si sono lasciati?” “Davvero? Ma fino a poco fa si stavano preparando per il matrimonio!” “Sì, ma....”

L’insegnante ci disse che dovevamo conversare immedesimandoci in queste due amiche che chiacchieravano e se non assumevamo un’espressione ed un tono di voce abbastanza sorpreso dovevamo rifarlo ancora. Ci mostrò come fare: “Davveeero….!?”

Quell'esempio così realistico ci fece scoppiare tutti in una sonora risata e veramente, lì per lì, ebbi la sensazione di trovarmi più ad una lezione di recitazione che di lingua. In seguito, però, ho capito che imparare una lingua straniera a contatto diretto con la cultura e la mentalità di un altro popolo significa davvero sperimentare un diverso modo di essere. In un certo senso credo che si tratti proprio di esercitarsi ad interpretare gli abitanti di quel paese. E forse, noi giapponesi abbiamo quasi sempre difficoltà a parlare bene l’inglese, anche se lo studiamo per tanti anni con vocabolari e grammatiche, proprio perché trascuriamo questo aspetto interpretativo.

Ad ogni modo io, che all’inizio non conoscevo neanche la parola “zucchero”, passo dopo passo, cominciavo finalmente a migliorare il mio italiano. Arrivare a “cantarlo” era ancora un sogno ma trovavo che fosse abbastanza divertente interpretare un’italiana.

traduzione italiana di
Izumi Kurihara e Luigi Romolo


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1. Scegli la risposta esatta.

  1. La protagonista del racconto è: 
    1. americana 
    2. giapponese 
    3. italiana
  2. Che lavoro fa? 
    1. la giornalista 
    2. l'insegnante 
    3. la commessa
  3. In quale città italiana va a vivere? 
    1. Milano 
    2. Napoli 
    3. Roma
  4. Cosa compra al bar? 
    1. latte e un panino 
    2. latte e zucchero 
    3. un sacchetto
  5. A scuola di lingua italiana si esercita soprattutto a...
    1. scrivere 
    2. ascoltare e parlare 
    3. leggere
  6. Per la protagonista del racconto parlare una lingua straniera significa:
    1. recitare in un' altra lingua 
    2. sperimentare un diverso modo di essere
    3. cantare in un'altra lingua

2. Accoppia il verbo alla definizione esatta

  1. annuire
  2. cantarellare
  3. afferrare
  4. annaspare
  5. interpretare
  1. capire con prontezza
  2. affaticarsi inutilmente intorno a qualcosa
  3. fare un cenno con la testa che significa si
  4. sostenere una parte
  5. cantare sottovoce senza pretese d'arte


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